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Camminare dentro un’emozione

 

 

Ogni volta ritornare è camminare dentro un’emozione. Qualche anno fa, un pò per caso o forse no ho scoperto il vero senso di una delle citazioni che mi è sembra piaciuta. Pavese, in La luna ed il Falò scriveva:

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.

Ho scoperto il profondo senso di queste affermazioni qualche anno fa, tornando al paese, quello mio, quello dove sono cresciuta, quello dimenticato infondo ad un cassetto carico di ricordi belli tanto, talvolta brutti forte.

I giorni volano veloci ed allora nonostante lo scorso dicembre mi fossi ripromessa di non far passare così tanto tempo mi ritrovo nuovamente a dicembre anzi, direttamente a fine anno. Ma anche questa volta non ho voluto  far passare Cortes Apertas non lo posso perdere, non al paese mio.

Un appuntamento che seguo dal primo anno. Non per marketing non per qualche strano motivo commerciale ma perchè nonostante tutto è un momento in cui mi piace esserci.

Ed anche questo anno  ho camminato  tra vicoli, case e cose: come su un tappeto, carica di emozioni e non solo.

Ed è ogni volta più bello: più magico, più bello più semplice.

Anni fa la prima volta passare tra la gente, sentire bisbigliare, non sapere cosa dire, fare, pensare è stato difficilissimo. Era un giorno qualsiasi di una calda estate qualsiasi, quelle in cui l’aria è secca, un lontano odor di incendio invadeva le colline, il sole scaldava come ogni estate di Sardegna in cui le sughere sono l’unico barlume di verde.

Adesso non ho più paura, non ho più quella sensazione strana: so che un paese bisogna averlo anche solo per provarne l’emozione. Quell’emozione dolce e profonda che si può nascondere dentro: non per sempre.

Un paese bisogna averlo per ricordarne sapori, profumi, rumori e fruiscii, strade e vicoli, angoli e piazzette.  Un paese bisogna averlo perchè lo si porta dentro, nell’angolo più profondo dell’animo e del cuore.

Un paese bisogna averlo, bisogna sentirlo per non essere per sempre orfani di passato, profughi d’animo, rifugiati dalle paure.

Ed anche oggi mi trovo a pensare alle millecento emozioni. Ogni anno è diverso.

Ogni volta penso: devo tornarci spesso poi accade che non è possibile. Forse è così ma questa volta è diverso. Questa volta lo farò.

Accade ogni volta qualcosa di differente: per me importante, è ogni volta un riscoprire qualcosa perso, dimenticato, nascosto.

Ed è lì in quel paese che non mi sento mai sola, ogni piccola paura scompare nel vento e nei colori anche se non conosco più le strade, non ricordo più i volti. Quel senso di paura scompare.

Ed è lì che non è necessario ascoltare ogni passo ed ogni rumore, è lì che per poche ore il tempo si ferma ed è lì che è sempre comunque  bello.

La differenza dell’emozione

L’emozione è differente sempre, comunque, ogni volta diverso.  Sempre più dolce, sempre più forte. E questa volta lo sapevo sarebbe stato ancora più forte e la malinconia me la porto dentro. Tutta.

Es è stato così bello e differente: travolgente. Ed è stato così non a caso: non per caso.

Questa volta però dentro l’emozione e dentro le emozioni non ho camminato sola ed è per questo che forse qualcosa era diverso. Differente.

Cosi come, non per caso, tra le pareti di una stanza che un tempo conoscevo, tra vecchi libri dove le manine di mille bambine e bambini sono passati, per gioco del destino o per volontà di qualcuno 26 anni sospesi per qualche minuto sono diventati parole, sguardi ed abbracci.

Come se dovesse accadere non da sola.

Ho imparato qualcosa questa volta: ho appreso che camminare dentro un’emozione insieme è l’emozione di vivere istanti speciali condivisi.

Ed è stato dolce e bello camminare dentro anche questa volta perché lì tra case basse e stradine strette una parte di me è restata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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