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Un paese in regalo

Scrivere è da oltre 20 anni il mio lavoro: amato ed odiato talvolta. Raccontare: la mia passione da sempre. Ogni istante, ogni lacrima, ogni sorriso, ha una storia a sè. Differente e bella da scoprire.

Ci sono volte che una parola nasconde un viaggio: spesso dentro di sè.

Anche questo anno si conclude con una serie di parole da raccontare a pochi, a tanti, a molti: a tutti.

 

Il più bel regalo del 2018:  un paese

Diceva Cesare Pavese, scrittore che amo:

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”

Ho impiegato oltre 25 anni per sapere che anche io, alla fine, ho un paese che mi aspetta. Ho cercato emozioni e sensazioni ovunque nella Terra. Cittadina del mondo: a tratti apolide per indole, vivo nella città che mi ospita da 20 anni con la certezza di camminare visibile ed invisibile. Sorrisi, saluti, baci, sguardi che si rincorrono, amici e conoscenti molti. Quel senso di non appartenenza mi accompagna giorno per giorno. Qui come in tutti quegli altri luoghi dove sono stata ed ho vissuto persino, un pò straniera in terra, la propria. Costantemente e sempre.

Eppure non mi mancano amiche ed amici, conoscenti e contatti che mi stimano e persino mi amano a modo loro. Diverso sempre.

Anche questo anno però ho scoperto che infondo infondo un paese lo ho anche io: proprio come scriveva Pavese.

Abbarbicato sulle dolci colline del Mandrolisai: Ortueri. Di Ortueri e del Mandrolisai scrivo sul web dal lontanissimo 1996. Oggi non propongo un testo turistico ma una serie di emozioni infinite emozioni vere, antiche, profonde, dolci e forse a tratti amare.

Cortes Apertas Ortueri: andarci per camminare dentro

Questo anno da mesi sapevo di dover andare a Cortes Apertas ad Ortueri: non per l’evento ma perchè dovevo, volevo, sentivo di andarci. Non ho bisogno di scoprire le tradizioni: ci sono nata e ci sono vissuta dell’antica tradizione agro pastorale sarda. Le vigne, i loro colori, i profumi ed il vino fanno parte di me come il sangue. Le campagna, le tradizioni, le arti le ho viste quando sino meno di 30 anni fa erano quotidianità.

Decido di andarci con Maurizio, amico da anni ormai, con cui condividiamo sogni, speranze a volte persino inquietudini e rabbia. Quella della nostra generazione incerta. Andiamo con conoscenti amici di Maurizio. Lo abbiamo deciso ed un pò pianificato. Sono felice di non andar sola sarebbe troppo emozionante per me. Casualmente, ma nulla o tutto è un caso, il giorno prima conosco real un amico nuovo: Francesco.  Va benissimo siamo in tanti. Non sono sola, fisicamente, forse sarò sola dentro forse no.

So che al paese mio c’è chi mi aspetta: Alessandro, Maria Antonietta, Valerio e chissà quanti altri. Come sempre ho paura, quella paura di quel vuoto dentro, amico e nemico mio nel contempo. Devo sorridere sorridere veramente. Me lo ripeto da giorni e da ore. Devo essere me stessa. Lo sarò. Guido abbastanza rapida tra curve, salite e discese, conosciute a memoria da me. Prima da bambina e poi da ragazza ora da donna. Mentre guido penso alle volte poco più che diciottenne, in cui quelle curve le facevo  in modo sciagurato, abbastanza a cavolo. Oggi non avrei più il coraggio. Penso alle serate in cui si andava da quelle parti solo per volantinare. Ascolto le discussioni di chi ho in macchina, partecipo, ma di mio sono distante. Tanto.

Ortueri ci accoglie fredda e ghiacciata: è un giorno rigido ma non piove. Dentro di me ho la speranza antica di essere trasparente. Non lo sono però! Non posso esserlo. Vorrei. Vorrei profondamente essere invisibile.

Sin da subito i saluti: educatamente ricambio facendo fatica a capire chi è. Volti noti: sì, memoria che corre veloce, random, ecco ci sono conosco persino il nome! Camminiamo dentro il paese. Io ci cammino proprio dentro. Sento talvolta i piedi che entrano nella terra: ricordo voci, sorrisi e persino lacrime, le mie, di quando mi mancava tutto ed odiavo. Ma l’odio è un sentimento  opposto all’amore ed io amo intensamente colori, profumi e parole. Non odio: l’odio non fa parte di me.

Continuano i saluti, i ricordi, le memorie.

Poi Sergio: mio compagno di scuola. Riconoscerlo 30 anni dopo. Una magia. Daniela, ma lei la ho incontrata diverse volte ultimamente. Non posso dimenticare. Poi Valerio al lavoro. Gentile come sempre. Prezioso.

Poi un mio pezzo di cuore: quello che ha 41 anni e qualche giorno. L’abbraccio forte, il sorriso dolce, quello che forse mi è mancato di più. Un filo rosso ed antico mi lega a lei. La distanza delle ore di nascita. Maria Antonietta: colei che con tatto e dolcezza è riuscita solo con dei messaggi a….farmi ritrovare una parte di me. Quella che si era persa. La mia rinascita. Quella vera.

Poi le “sorelle maggiori” di Maria Antonietta: quasi a saperlo, ma sì lo sanno, mi abbracciano e sorridono come se fossi “una di casa”. Sanno di me cose che non so nemmeno io, sentono di me cose che non sentivo nemmeno io.

Poi le viuzze del centro storico, la casa della bisnonna, la piazzuola dei giochi di bimba, il negozio ormai chiuso, della nonna del mio amichetto d’infanzia. Cammino, sorrido, saluto, anche a caso, ascolto le discussioni di chi  è con me, parlo…ascolto le energie….sento le voci, ricordo persino parole in limba.

Poi Alessandro, la mia peste preferita. Il mio compagnetto di banco. Un amico vero ritrovato. Un fratello! Poi gli “zii” Nella, Mino, Nino: identici a prima… persino il tono burbero ed affettuoso di Mino. Uguale. Gli inviti a pranzo ed ai caffè.

La bellezza della vita.

Poi le case del centro storico aperte.

Gioghi e Buoi: belli, puliti, vestiti a festa. Mi ricordano la mia infanzia. Li osservo e penso a quante volte ci sono stata vicina. Eleganti. Maestosi, forti e fieri. Belli.

 

Il pranzo che non ti aspetti: quello tra la tua gente

E poi il pranzo di Alessandro: semplice, vero e vivo. Tra la gente la mia gente. Enrico, Paolo, Alessandro e gli altri. Persino Mimmino. Osservo e guardo. Sono circondata dai ricordi del passato dal presente e persino dal futuro. Sono felice nel cuore. Non potevo aspettarmi un regalo migliore e più vero. Forse non sapendolo o sapendolo Ale, la mia peste preferita, mi ha fatto un regalo immenso. Mi ha regalato la forza di essere me stessa. Quella di un tempo. Osservo i piatti, come e chi assaggia e mangia. Parlo, rido ed ho freddo, freddo e caldo. Penso ai ricordi, ascolto Francesco accanto a me, non sapendo nulla o quasi di me riesce a farmi stare a mio agio. Forse non lo sapeva e forse non lo sa: per me avere una persona sconosciuta o quasi in mezzo a tanti che mi conoscevano è stato un magico regalo.

Timida ed introversa da sempre: non volevo recitare a soggetto quel giorno. Bravissima lo sono diventata per via della vita. Non volevo trovarmi a disagio ed è anche grazie a  lui che mi sono trovata a mio agio.

Poi ancora sorrisi, risate e camminare con Alessando nelle “viuzze dove facevamo i birbanti” mi ha riportato alla mente 100 ricordi e 1000 o milioni ricordi che mi hanno fatto quella che sono. Una donna di Sardegna per il mondo. Il mio mondo e la mia Europa.

Il caffè nel bar dei gelati da bambina, con Enrico che non vedevo da mezza vita che me lo passa, i signori anziani che osservo e ricordo, gli sguardi fugaci di chi ti riconosce ma non sa se può salutare, Gigi che mi presenta la famiglia, Paolo che elegante e prezioso mi offre un parcheggio a casa dei suoi. Quanti ricordi.

 

E poi nella mente sfilano le parole, le emozioni i sorrisi di una vita passata qui anche qui al paese. Un piccolo punto su una carta geografica: un grande pin nel cuore. Il mio cuore.

Un paese: il mio. Nella sua semplicità antica, mia abbraccia, mi accoglie, mi ama e forse mi odia ma non lo dà a vedere.

 

Andare via: per ritornarci

Pomeriggio: un pò di ansia arriva, paura ogni tanto la ho.

Valerio che regala qualcosa di suo, Alessandro che mi riempie di vino, Anna, Maria Grazia e le altre sorelle che mi regalano un pezzo di cuore. Non lo sanno ma: i loro sorrisi come quellod i Maria Antonietta per me sono amore, amore puro e vero.

Ma io ho paura. Francesco non so come possa farlo sembra percepirlo. Emozioni forti, troppo, devo spostarmi. Lo faccio. Ritorno a 58 chilometri di curve più in basso. Percorro rapida le strade, questa volta senza quei ricordi e quegli incubi che ad ogni curva mi nascondevano un possibile attimo di terrore. Non ho paura, non solo sola, ma calco l’accelleratore abbastanza.

Un regalo possibile grazie alla rete.

Lo sapete?

Io sì.

Paolo, il mio amichetto anni fa mi ha trovato sui social. Commenti, chat, pareri consigli, la telefonata che mi lega a lui più di mille altre cose. I gruppi whatsapp: quello dei fedales e del comitato 77. Quello che mi ha avvicinato a Paolo, Daniela, Maria Antonietta, Alessandro, Valerio etc.

Quello che ha reso possibile trascorrere ore con Claudio e la sua famiglia, sentire quel calore del sangue che avevo perso.

La rete, la mia rete: mi ha regalato emozioni, affetto ed amore di amici che solo se nati e cresciuti insieme resta. E io ne ho la dimostazione.

Baci soffiati nel vento alle mie rose bianche, mi hanno accompagnato ogni istante, un pò come quando mano nella mano saltavamo i gradini della piazza del cannone ed andavamo a prendere il gelato con il resto del giornale. Un pò ci ha messo del loro. Chissà se orgogliose saranno di questa donna fragile che sono diventata.

 

Ps: perdonatemi errori e sviste. Oggi ho scritto per piacere.  Perdonatemi se non ho citato tutti.

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