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Evita il licenziamento, usa bene i social network

I social devono essere usati in modo consapevole, sempre. In Italia è un crescendo di querele causate da commenti azzardati in rete, e, a causa di commenti poco attenti c’è persino chi perde il lavoro. Possibile? Sì, molto reale.

Web journalist o web writer. Cosa cerchi?Se siete costantemente su Facebook, se usate Twitter, evitate gli sfoghi e le lamentele, pesate ogni parola e sicuramente la vita vi sorriderà. I social network oggi sono una grande piazza virtuale, prima dei social nessuno mai si sarebbe azzardato ad ingiuriare in pubblica piazza qualcuno ma su FB e Twitter ingiurie e calunnie pare siano all’ordine del giorno, meglio però far attenzione e magari scrivere in privato il parere negativo .

E’ accaduto in Sardegna, a Villacridro, pochi giorni fa, un dipendente di una nota azienda è stato stato licenziato per aver messo un like su un post di Facebook che il datore di lavoro ha ritenuto «denigratorio e diffamatorio». Un altro fatto simile è avvenuto alla Nestlè (Perugia) che, dopo un confronto con i sindacati, ha deciso di far rientrare il licenziamento di una dipendente, allontanata dal lavoro per un post su Facebook.

A volte un mi piace, un like ed un commento possono costare veramente caro. Perchè rischiare?

In precedenza era già successo nel 2011  quando  alla Cassa nazionale di previdenza dei commercialisti, i un dipendente è stato licenziato per un commento azzardato rivolto al proprio datore di lavoro.

Intanto c’è da sapere che i social network in Italia non hanno una legislazione particolare ma rispondono  alle norme vigenti in materia di stampa e comunicazione, in più se per caso si posta qualcosa durante gli orari di lavoro bisogna conoscere la  disciplina vigente per l’utilizzo di internet sui luoghi di lavoro. Il collegamento quotidiano alla rete in assenza di necessità lavorative integra per i giudici giusta causa di licenziamento, i licenziamenti diventano possibili anche se si usano i cellulari aziendali per comunicare sui social senza nessuna necessità aziendale.

Se poi nello scrivere si compiono scivoloni in agguato vi è anche l’articolo 595 comma3, diffamazione e spesso è necessario pagare al presunti diffamato i danni subiti. “Coloro che si iscrivono a facebook sono ben consci delle grandi potenzialità offerte dal sito, ma anche delle potenziali esondazioni dei contenuti che vi inseriscono” (Tribunale di Monza, IV sez. civile, 2 marzo 2010 n.770).

Intanto per chi non lo sapesse volta lasciata l’impronta in rete cancellare ogni traccia è difficile, dunque invece che correre ai ripari è sempre meglio evitare di diffamare, calunniare, insultare e se proprio non se ne può fare almeno limitare i danni impostando la privacy dei social pare essere una buona soluzione,  anche se la scelta migliore resta quella di evitare commenti astiosi ed impossibili da provare.  

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